Per sapere se si sta bene bisogna prima imparare a sentirsi, cosa che si da per
scontata ma che proprio non lo è.
Sentire il proprio corpo, il proprio animo, le proprie emozioni, sapere quali sono
i pensieri che ci stanno passando per la mente non sono qualità che si hanno in
dote, e neanche ci viene insegnato a svilupparle a scuola. Inoltre il tipo di civiltà
e i tempi in cui viviamo non partecipano di certo allo sviluppo di questa qualità;
l’educazione che riceviamo anche dai media spinte dalle multinazionali, che ci
vogliono bisognosi di un qualche cosa che non abbiamo, spacciandocelo per
indispensabile, ci invita a partecipare, a loro favore, a un modo di vivere
superficiale e consumistico.
Non è che lo star bene sia una cosa che avviene una volta per tutte. Ha
bisogno di una continua presenza e vigilanza, c’è il bisogno di accorgersi subito
dell’eventuale cedimento dello stato di attenzione per poter di nuovo ritornare
in posizione.
Lo studio e la pratica dello stare bene porta ad alzare, per mezzo
dell’attenzione, il livello medio del proprio stato d’essere, aumentando la
presenza a sé stessi, ai propri pensieri e quindi a non accettare passivamente
lo stato d’essere che questi ci inducono.
Il momento ideale per cambiare è quando si è stufi di sè, quando si ha la
nausea di sentire se stessi in uno stato di disagio e di insoddisfazione.
Quando questa consapevolezza avviene e diventa costante è un momento
eccezionale.
Si cambia.
Buchi nella continuità dello star bene sono dovuti alla cattiva abitudine
assimilata, cioè allo stato di malessere al quale ci siamo precedentemente
abituati.
Possiamo tranquillamente affermare che lo star male è frutto di distrazione.
Non ci sono scuse.
C’è un qualcosa di importante che va oltre i problemi che ci affliggono e ai
dolori che abbiamo e che dobbiamo sopportare, e lo dico con tanto rispetto per
quelli di ognuno.
Ma c’è un punto lì in fondo, oltre, se riusciamo a fermare il tempo, ad essere
presenti e ad aprire bene gli occhi mettendolo a fuoco ed espandendolo, che ci
rivelerà, perfezionandosi nel tempo, il motivo per cui vivere.
Ad ognuno il suo.
Quando?
Ora!!!
Basta parole, basta pensieri inutili.
Tirare su l’energia. Sgranare gli occhi, urlare, imprecare, a volte serve; dirsi “
ora ci sono!” sorridere, rompere la membrana mucolitica che ci avvolge e ci
impedisce i movimenti del pensiero creativo, uscire dal bozzolo, e … fare
attenzione, è solo l’inizio. Bisogna affinare l’obiettivo per avere sempre più
valide motivazioni per agire.
Altre battaglie seguiranno ma la tecnica la conosciamo non ci sono scuse, e se
si sbaglia si rincomincia.
Quando ci si accorge immediatamente di aver mollato bisogna rallegrarsi
perché è un chiaro segno che l’inconscio è sorvegliato da un fido guardiano.
Poi andrà tutto meglio.
Quindi star bene significa sentirsi bene, mantenersi nel bene, lottare con se
stessi per il bene, avere un motivo per stare bene.
Per saperlo bisogna delle volte anche chiederselo, poichè ci si abitua allo stato
del proprio essere.
“Come sto?” e poi “Ma sono sincero con me stesso nella risposta che mi sono
dato?”
Poi al momento, senza andare tanto a indagare sul perché dello stato,
promettendosi di affrontare l’argomento più avanti, ci si tira fuori da quel
pantano e si vive la nuova meravigliosa realtà che si ha scelto di vivere e non
quella che aveva scelto la nostra mente.
Il Tai Chi e il Chi Kung possono aiutare, per quello che li caratterizza, l’ascolto.
Movimenti lenti dove si ha tutto il tempo di sentirsi e vedersi, di riconoscere che
il proprio corpo si muove con il pensiero, che conviene essere amici di se
stessi e darsi in pasto ai buoni pensieri, quindi, per chi vuole, migliorarsi nella
presenza e nel rapporto con sè e di conseguenza con gli altri.
Praticare stando bene viene da sé, l’eseguire una forma armoniosamente e
fluidamente può essere un motivo per cui praticare.
Si può fingere di star bene come si può fingere di fare “il Tai Chi”, non è una
colpa, e a volte purtroppo qualcuno si accontenta.
Quando sarà stufo…
Articolo di Antonio Pugliese – C.R.T. Italia