Articolo a cura di Adriano Dell’Eva
Perché il movimento nel gioco e lo sport sono così importanti per la crescita e per la conservazione dello stato di salute fisico e mentale?
“… consideriamo il movimento umano, un mezzo fondamentale di educazione, il filo conduttore attorno a cui si costruisce l’unità della persona fisica e mentale…”
Jean Le Boulch
Non è infrequente sentire la famosa frase “tanti muscoli e poco cervello”, pronunciata ironicamente, da persone che non amano molto il movimento e lo sport, quando si trovano a confrontarsi con altre persone innamorate della pratica sportiva. Diventa difficile immaginare una pratica sportiva che non chiami in causa il lavoro muscolare. Se poi questa pratica viene ripetuta in modo continuativo e regolare inevitabilmente crea l’aumento del tono muscolare, pertanto i muscoli, poco o tanto, si ingrossano.
Ma è proprio vero che tra muscoli e cervello c’è un rapporto inversamente proporzionale?
Gli studi di Edelman G.M. sull’encefalo in aggiunta ai dati recenti in ambito della neuro-fisiologia, evidenziano la spiccata plasticità del cervello umano.
In specifiche aree dell’encefalo le modificazioni (collegamenti tra cellule nervose), date grazie a nuovi movimenti appresi, possono generare associazioni con altre aree e strutture, preposte a funzioni diverse, come ad es. quelle deputate alle capacità di ragionamento.
Altri studiosi che hanno evidenziato come in soggetti praticanti attività ludico-motorie e/o sportive in età evolutiva, si riscontri una maturazione più pronta e precoce di alcuni parametri intellettivi (Cratty, 1985). Con ciò non si vuole affermare che il bambino, che esercita un’attività fisico-sportiva, sia necessariamente più intelligente di quello che non pratica alcun sport, ma sia più favorito ad incrementare una serie di funzioni e strutture del proprio cervello, comprese quelle associate alle aree preposte al ragionamento e alle funzioni logiche.
A sostegno di ciò vi sono anche dati emersi da uno studio condotto da ricercatori canadesi, che evidenziano come i bambini impegnati, oltre che nell’attività di studio anche in quella fisico-sportiva, abbiano lo stesso rendimento scolastico dei bambini coetanei, sedentari che hanno studiano un’ora in più.
Il bambino che pratica un’attività sportiva in modo regolare e continuativo, si trova a doversi attivare in modo conveniente, economizzando tempi ed energie per organizzare al meglio gli impegni che la pratica sportiva gli impone, in relazione ad altre attività scolastiche e famigliari.
Grazie alle nuove tecnologie diagnostiche per immagini (es. la risonanza magnetica e la PET) si è riusciti a registrare le evoluzione nel processo di crescita del cervello sino alla tarda adolescenza. La materia grigia aumenta in età prepuberale con un incremento delle ramificazioni delle sinapsi (collegamenti tra cellule nervose) per poi ridursi notevolmente nell’età post-puberale del bambino, sino alla tarda adolescenza. In questo secondo momento, vengono meno tutti quei neuroni che non sono stati utilizzati e rimangono funzionanti solo i circuiti neuronali che sono stati allenati a funzionare.
Da qui si evince che le attività senso-percettive e psicomotorie in generale sono fondamentali per la formazione delle funzioni superiori della corteccia cerebrale.
Le attività a prevalente impegno coordinativo, soprattutto fino ai vent’anni, ma anche oltre, attivano dei circuiti neuronali da utilizzarsi poi nei più svariati campi dove è implicata la capacità di ragionamento.
La Dott.sa Anna Favre scrive nel sito Fitness e sport, a commento di una serie di pubblicazioni scientifiche riguardo il tema – sport e sviluppo del cervello -: “Lo sport quindi rende più “intelligenti” e più sport diversi si praticano e meglio è, perché sviluppano aree cerebrali diverse.”
Altresì si può precisare che se ad un bambino non viene fatto sperimentare un largo ventaglio di abilità motorie, in modo particolare nella fase in cui il suo sistema nervoso è ricettivo, le funzioni trascurate rimarranno immancabilmente sottosviluppate.
E’ un’ulteriore conferma che la pratica dell’attività sportiva, se condotta nel periodo dell’età evolutiva, in modo opportuno, avvalendosi della presenza di persone preparate, permette di migliorare le potenzialità intellettive del bambino.
La chinesiterapeuta francese Thérèse Bertherat, ideatrice dell’antiginnastica afferma, riguardo la ridotta acquisizione di abilità motorie nel periodo dello sviluppo: “……è come se avessimo imparato solo le prime lettere dell’alfabeto e ci contentassimo delle poche parole che possiamo comporre con esse. In questo caso non solo il nostro vocabolario sarebbe ridotto, ma anche la nostra capacità. Quando un individuo si serve solo di un centinaio di parole della sua lingua, si dice che è un ritardato mentale. Ora, moltissimi di noi adoperano soltanto alcune variazioni di un centinaio fra movimenti di cui l’essere umano è capace. Ma non prenderemmo mai sul serio chiunque asserisse che siamo ritardati motori”.
Altre indagini condotte su topi hanno dimostrato che l’attività fisica favorisce la rigenerazione di fibre nervose mediante una proteina prodotta durante gli esercizi sulla ruota: la neurotrofica. Questo fattore di crescita neuronale verosimilmente agisce anche sul cervello interferendo coi processi d’invecchiamento e degenerazione dovuti all’età.
Così anche le riviste scientifiche accreditate, divulgano con una certa frequenza dei dati che mettono in evidenza gli effetti positivi dell’attività fisico-sportiva non solo sulle varie funzioni organiche, quali il sistema cardiocircolatorio, respiratorio, apparato locomotore.., ma pure sul sistema nevoso centrale.
Questo significa che l’attività sportiva dovrebbe diventare un’abitudine irrinunciabile non solo per i piccoli ma pure per adulti ed anziani, in modo particolare in una società che tende ad invecchiare sempre più.